
Laketolake: il racconto di un viaggio in bici alla scoperta di 4 laghi europei.
Pubblicato su Varese News ogni giorno come microblogging durante l'estate 2017




01 Bressanone>Bolzano circa 50km
Premetto che questo non è il racconto di un viaggio estremo in bici, ma semplicemente un diario di un osservatore privilegiato che crede fermamente che la bicicletta sia uno strumento esplorativo meraviglioso e che scrive per trasmetterlo.
Uno strumento, appunto, con il quale si tocca la bellezza con più facilità perchè si è esposti. Pirsig scriveva parlando del viaggiare in moto "Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei più uno spettatore, sei nella scena"
E' magnifico andare in moto: è puro godimento (come direbbe la cara Saffi). La bici ha un vantaggio: ti consente di attraversare i luoghi nel silenzio e di ascoltarli. Ė un modo di viaggiare dove non rompi nessun equilibrio.
Dicevo....non è un racconto di un viaggio estremo e oggi ne è l'esempio: da Bressanone (abbiamo già cambiato piani) a Bolzano è tutta discesa e su ciclopista dedicata.
Abbiamo (plurale perché i primi 3 giorni li farò con un amico) passato la giornata praticamente in treno e le bici sono rimaste appese nel vagone portabici. A Verona, però, non ci hanno fatto salire sul treno con le bici :"tutto pieno". Il destino ha deciso per noi: il mio compagno temporaneo di viaggio si era confuso e aveva comprato un biglietto per Bressanone per cui decidiamo di prendere il treno successivo e fermarci prima. Oggi è tutta discesa lungo l'Isarco tra vigneti, meleti e castelli. La valle stretta ha due volti: noi in direzione sud vediamo sempre la faccia più ombrosa e boscata, ma girando lo sguardo il paesaggio cambia e le foreste lasciano spazio a prati e agglomerati urbani che guardano il sole. La ciclovia ha il sapore di un'opera di compensazione ambientale: siamo intrappolati tra infrastrutture: fiume, autostrada, strada e ferrovia. Fortunatamente molti tratti li percorriamo lungo i binari ferroviari abbandonati e la sensazione di entrare e uscire dalle gallerie è meravigliosa e regala dettagli di una montagna scavata e trattenuta dal cemento mai visti con il treno molto piu veloce di noi. Ci fermiamo a Bolzano che é bella, ma la sensazione è quella di essere al di la dei confini.
Ps
Forse tutti non sanno che per comprare un biglietto da Bressanone a Brennero bisogna essere in provincia di Bolzano. Vorremmo conoscere chi ha pensato questa cosa e come mai. Ci addormentiamo con questo dubbio...A domani




Giorno 02 Bolzano>Rovereto 81km △416m
Iniziamo la giornata con un giro nell'architettura contemporanea di Bolzano. Esploriamo la zona a nord ovest vicino al castello tra meleti impenetrabili (dove forse hanno paura che gli rubino le mele) e social housing.
Usciamo da Bolzano e fino a Trento non ci colpisce nulla, tranne un prelibato panino con carne salada e un calice di Teroldego e (ovviamente) un assaggio, direttamente dalla vite a bordo ciclovia, dell'uva da cui proviene.
Oggi tutto in piano lungo il fiume e l'unica salita che affrontiamo è a S.Michele in cerca di una chiesa, che sfortunatamente troviamo chiusa, ma dall'apprezzabilissima facciata. A Trento incontriamo Mariachiara, un'amica che ci porta come benvenuto una bottiglia di vino fresca e della crostata (come si fa a non volerle gia bene?).
Lasciamo Trento e lungo la strada per arrivare a Rovereto parliamo molto del senso di una ciclovia e della differenza tra viaggio e turismo. Viaggiare in ciclovia protetti e con le indicazioni di dove stai andando è bello, ma ho la sensazione che sto viaggiando "tra" le cose e non "nelle" cose. La ciclovia è separata e protetta: è una strada a misura di bici (c'è anche il bici-grill!!) e per accedere nel mondo bisogna uscire da questa infrastruttura.
Prima di Rovereto incontriamo il bellissimo castello di Beseno e mi domando ingenuamente: "se l'umanità avesse costruito un manufatto del genere nel 2017 l'avremmo ritenuto bello e sensato o un eco-mostro?". Mi sdraio nel bel giardino dell'ostello di Rovereto e ci penso su...a domani
Ps
Parlando di bellezza: oggi scopro che le rose davanti alle viti non sono decorative ma sono utili. La rosa si ammala prima della vite e funge da segnale di allerta per i coltivatori. Otto wagner diceva (forse guardando le rose delle viti a Vienna?) che non c'è bellezza senza funzionalità.




Giorno 03
Rovereto>Mozambano 76km △586m
Oggi la ciclovia è stupenda perché cambia completamente: siamo immersi nei vigneti su strade che sembrano tracciate su antichi percorsi di lavoro che oltrepassano borghi e presistenze. Questo cambiamento avviene proprio dal paese che si chiama Marco (sì, c'è un paese in Trentino che si chiama Marco!) : io e (la mia amica) Marialisa diremmo: "questo è essere connessi", il mio compagno di viaggio, invece, mi parla di Jung e delle sincronie (approfondite voi perché io non saprei spiegarvi meglio). Oggi diventiamo grandi sostenitori delle ciclovie (progettate bene) e ci fermiamo, per commemorare, a un bici-grill davanti al castello di Avio per sorseggiare un buon bianchino (forse stiamo esagerando coi bicchieri di vino, ma in questa zona è veramente difficile non approfittarne).
Anche oggi tutto in piano: l'unica salita è per arrivare al forte di Rivoli dove si apre una vista spettacolare della valle che abbiamo appena percorso. Proprio qui passava il confine tra Austria e Italia e quando i piemontesi conquistarono Rivoli cambiarono la disposizione dei cannoni che da quel giorno avrebbero dovuto sparare verso nord, verso gli austriaci, coloro che avevano costruito il forte, il quale ha dimostrato una notevole malleabilità, nonostante la mole e la sua apparente rigidità.
Finalmente il primo lago: il lago di Garda. Ci accediamo da Bardolino (e giù un altro bicchiere. Non abbiamo saputo resistere a quel bel color rubino del Bardolino).
Arriviamo fino a Peschiera passando quasi sempre dal lungo lago e dalle spiagge riflettendo sulla densità di stranieri e la bassa qualità degli spazi e delle relazioni con il lago.
A un certo punto capitiamo in un campeggio vicino a Caneva World e ci perdiamo tra via Belluno, via Novara, via Mantova e le infinite macchine targate D, A e NL. Finalmente troviamo l'uscita e siamo a Peschiera con un centro bellissimo formato nella confluenza tra lago e fiume Mincio. Prendiamo la eurovelo 7 per Mantova e ci godiamo per troppo poco tempo il colore verdissimo del fiume e l'ombra degli antichi filari. Siamo a Mozambano e da domani sono solo.
Ps
Da domani le mie impressioni e i miei pensieri fluiranno liberi senza filtro perché non avrò più nessuno con cui affinarli pedalando. Si ragionava insieme al mio compagno di viaggio di come attivare relazioni con l'esterno...e quindi vi lascio la mail cyclhub@gmail.com o potete scrivere qui se per caso volete interagire




Giorno 04
Mozambano>Treviso 153km △862m
Da solo mi piace partire all'alba. Lascio il Mincio con le sue acque verdi che si mischiano coi rosa dell'alba, in direzione Verona. Da oggi pedalo col 48/11 (il rapporto più lungo della mia bicicletta) perché i km diventano molti e devo velocizzare il passo rispetto a questi primi 3 giorni.
A Verona mi fermo 5min, giusto il tempo di caricarmi di frutta e vedere Castelvecchio. Subito dopo cominciano le colline del Soave. Devio, mi perdo e alla fine salgo al castello. Ormai son su, ho sbagliato strada e decido di salire ancora: mi incuriosisce un sentierino segnalato. Mi fido e vado, anche se la strada bianca diventa una stretta strada acciottolata, bellissima in mezzo ai vigneti, ma mortale perché ha una pendenza insostenibile. Mi sento di avere la bici in verticale, ho il rampichino (il rapporto più corto), pedalo in piedi, ma la bici non vuole salire. Dopo una faticaccia (che potevo anche risparmiarmi) vengo ripagato da una vista incredibile. Dopo ogni salita c'è una discesa e in più qui anche grappoli d'uva a non finire. Non mi sento un ladro perché si sa che (sono ironico) la vite su strada è collettiva. Mio nonno aveva un orto in cui gli rubavano sempre le verdure. Lui, invece che erigere muri, ha cominciato a coltivare un orto su bordo strada collettivo affinché le persone potessero attingere da quello per evitare disastri nell'orto vero (che poesia!!!). Evito Vicenza e salgo sui monti Berici: zero macchine e scenari pazzeschi.
Il vero obiettivo di oggi, però, sono le ville venete (palladiane e non). È solo un assaggio, perché non ho tempo di visitarle, ma soprattutto non mi sento proprio a mio agio: sono sudato e senza mutande. (Necessaria una spiegazione: non tutti sapranno che i pantaloni da bici col fondello si indossano senza mutande...si, lo so...suonava strano anche a me, ma sono comodissimi). Villa Piovene/Godi, Contarini, Cornaro, Cà Marcello sono una dietro l'altra lungo la ciclovia Ostiglia/Treviso: una bella ciclovia ricavata sul sedime della ferrovia abbandonata ed in più, è tutta in ombra. L'ombra è una goduria che mi permette di continuare a pedalare anche durante le ore di caldo folle. Questa ciclovia non è una pura infrastruttura ai margini, anche se separata e protetta, ma un luogo di senso pazzesco.
Arrivo a Treviso che non ho mai visto. Bella con i suoi portici e i canali. Mi fermo a scrivere in un baretto che non è certo un luogo da hipster (anzi) ma ha un balconcino affacciato sul canale meraviglioso e mi chiedo come mai sia l'unica persona che ne approfitta.
Ps
Come faccio a perdermi che ho il gps? Ho il gps nel telefono, ho pure deciso il percorso a casa interpolando dati da google street maps, open street map, open cycle map, altitudini ecc. Mi perdo perché mi lascio incuriosire da quel che trovo, dai punti di interesse che ho segnato e dalla foga del momento. È un perdersi per ritrovarsi! Ma soprattutto è una necessità per risparmiare batteria che se si scaricasse altro che ritrovarsi!




Giorno 05
Treviso>Pliskovica 140+40(treno) km △777m
Amo le ville venete perché sono rurali. Sto scrivendo da un ostello in Slovenia che è un ex cascina e mi sembra un'esagerazione quello che ho appena scritto. Ma è cosi! La villa veneta era un centro di riferimento economico per le attività agricole del territorio. Ovviamente i veneziani diventati contadini fanno le cose con stile e costellano la campagna tra Verona e Treviso di gioielli. Mi piacciono le ville venete perché fanno paesaggio: creano relazioni con l'intorno. A Varese le ville sono un fatto privato (attendo smentite e il festival del paesaggio varesino in cui alcune ville varesine verrano aperte al pubblico). Il paesaggio, però, è un fatto collettivo: lo fanno tutti, dal signore che si prende cura dell'aiuola davanti a casa, al contadino, che con amore, coltiva un campo ecc. Tutte pratiche che generano spazi e forme. Chiudendoci nei nostri recinti abbiamo smesso un dialogo con l'ambiente circostante e questa chiusura ha causato, secondo me, la perdita di senso, d'identità ecc (chiudo per non essere pedante e perchè non è il momento, ma se volete approfondire consiglio la lettura di E.Turri "Villa veneta. Agonia di una civiltà").
È mattino presto e percorro la pianura trevigiana riflettendo sul tema privato/pubblico (sento la mancanza del mio compagno di viaggio che su questo tema avrebbe avuto molte cose da dire). Per evitare le strade bruttissime che sto incontrando e non vedendo alternative, salgo sul treno a Portogruaro e arrivo rapido in Friuli. Seguo la ciclabile per Aquileia, coi suoi resti archeologici e la magnifica basilica, e mi dirigo verso il mare.
Grado è collegata ad Aquileia da una sottile lingua di terra e tutto intorno acqua.
Mi fermo un secondo per vedere la città e un edificio brutalista (www.sosbrutalism.org/cms/17052443) che mi ero segnato e vado via veloce verso Trieste. Percorro una ciclabile tra laguna e mare e arrivo a Monfalcone. Da qui inizia il delirio: l'unica strada è la SS che sono obbligato a percorrere per una decina di km tra macchine e disagio. Fortunatamente devio subito e mi immergo nel carso seguendo sassosissime stradine di campagna. Passo il confine e mi sento un contrabbandiere con la mia bici color verde militare e le borse piene e penso all'amico Stefano Beghi e al suo spettacolo sui confini. Sul carso incontro un altro ciclista e pedaliamo un tratto a piedi tra paesini e vigne. Mi racconta che il suo sogno sarebbe tracciare un percorso ciclabile tra Monfalcone e il castello di Miramare. Mi dice "qui siamo stretti tra montagna e mare, ma abbiamo una biodiversità fenomenale". Io ci credo e assaggio dell'uva per scoprire se c'è differenza tra uva italiana e uva slovena. Pliskovica è piena di viti sia nello spazio privato che in quello pubblico...e io mangio!
Ps
In slovenia inizio a sentirmi straniero: la lingua è incomprensibile, dal suono affascinante ma impronunciabile. Tento di imparare, guardando i verdi colli carsici sdraiato su una spiaggina, almeno 3 parole, ma la vedo dura!...jutri
PsPs
Dopo mangiato mi sento meno straniero. Ho scovato un posticino (l'unico aperto tralaltro nei dintorni): un agriturismo biodinamico che costa pure poco. Una piccola corte che mi ricorda quelle taverne nel kalembherg a vienna e sogno un luogo del genere ai Mulini di Gurone...Casamatta...buonanotte...zzz...




Giorno 06
Pliskovica>Idrija 57km △1829m
Mi alzo tardi (pensavo fosse una tappa corta e facile) e faccio colazione all'ostello, un insieme di vecchie case che, leggo solo ora, hanno recuperato coi soldi UE. Carino, con le biciclette arrugginite in giro, robine ikea, ecc segue la tendenza, un po' uniformante, a cui siamo ormai abituati. Mi viene quindi da pedalare pensando al bello: cos'è bello? Bello secondo me è qualcosa che riesce a estrarre tutto il senso di un luogo, a sfruttarne le peculiarità uniche, cioè se capace di essere unico e autentico. Questo vale per i paesaggi, ma anche per le persone. In Slovenia, per quello che ho potuto vedere fin qui, molte cose sono belle perché le sento autentiche e non solo un copia e incolla di riferimenti globalizzanti: sono belle le strutture che sorreggono le viti e anche le viti che fanno ombra in città lungo i pergolati, bella anche la successione di borghi dai campanili tutti bianchi che emergono dai verdi colli sloveni.
(scusate per le supercazzole filosofiche, ma ve le cuccate! Non ho più il mio compagno di viaggio e non vorrei far evaporare i pensieri prodotti dal pedalare...magari si continua offline davanti a una birretta che è meglio).
Pedalare in Slovenia è piacevole: non ci sono macchine e le strade son curate. L'itinerario, tra i miei due luoghi di pernottamento, non è un percorso segnato, ma un labirinto di strade e stradine che mi consentono di scollinare quell'infinito susseguirsi di creste e vedere alcuni monasteri e borghi che mi ero segnato.
Mi procura una sensazione di libertà pazzesca pedalare tra le infinite salite e belvederi in mezzo alle foreste (il 51% della Slovenia è coperto da foreste). Sono strade difficili da percorrere con altri mezzi e mi sento fortunato: sono sensazioni che non si possono comprare al supermercato.
Tutto questo zigzagare sarebbe stato veramente difficile senza gps perché l'itinerario che ho scelto è costellato da alcuni tratti che sono dei sentierini non segnalati e che ogni tanto mi fanno domandare:"ma chi me l'ha fatto fare?" (Come una salita tutta sassi di 2km che mi ha obbligato a camminare e trascinare la bici con le facce attonite degli escursionisti). Ma alla fine vengo sempre ripagato! La slovenia non regala tutte le emergenze a cui sono stato abituato fino ad ora in Italia, dove ogni 100m c'è qualcosa (parlo anche di negozietti), ma quel che hanno a disposizione lo sanno far apprezzare. Sto scrivendo, infatti, sdraiato su un'amaca che ho piazzato a fianco delle cascatelle del Gačnic: non sono niente di straordinario, mi ricordano le Marmitte dei Giganti a Velate, si respira un'aria buona e un suono perfetto per scrivere.
Oggi dormo in cima al monte Hudournik a circa 1100 (pensare che ieri ero a 0) in una bella e autentica fattoria: stanze vecchie, ma ben curate, piccoli dettagli che fan la differenza e persone gentili ad accogliermi. Chi ha concepito questo posto si vede che ha uno sguardo nel mondo ma poi agisce bene localmente in maniera autentica (think global, act local). Son contento di aver scalato queste montagne per andare a Bled. Mi riposo in attesa della lauta cena in fattoria. Ce ne sarà bisogno perché domani sarà la tappa più estrema del viaggio! Nasvidenje
Ps
Durante una salita oggi ho incontrato dei motociclisti che mi han fatto il pollice all'insù per incoraggiarmi...tra due ruote ci si intende!




Giorno 07
Idrjia>Ljubljana circa 160km △2566m
Sono esausto. Oggi tappa veramente estrema con circa 10h passate sulla sella.
Mi alzo all'alba e lascio la fattoria. Valeria, la proprietaria, mi ha cucinato una torta di pollo (non avevo molta scelta e mi son fidato) mai provato, ma molto buono. In pratica in una casseruola vengono messi due pezzi di pollo, farina, formaggio ecc, cosi da non perdere i succhi della carne che si impregnano nella torta con la cottura in forno. Una bomba calorica perfetta per la pedalata che mi aspetta.
Inizio nel bosco alle 530: un freddo cane e vedo poco. Appena arrivo sulla cima il sole sorge e si apre una pazzesca vista sui monti che dovrò superare. Da questa prima cima scendo veloce percorrendo una strada bianca pulita dove sembra di surfare (avrei dovuto chiedere consigli ai ragazzi di Gravity Bike Lab) La mia bici ha ruote abbastanza adeguate, ma le ho gonfiate al massimo per esser più agile e spruzzo sassi ovunque. Spero di non aver ucciso qualche cerbiatto. Ne incontro molti e addirittura uno in particolare, durante una salita, mi aspetta, poi salta un paio di metri, poi ancora (ok, ho capito che vince lui nel bosco in salita, però che bisogno c'era di sfottermi?).
Dopo un'ora di prati, discese mozzafiato, sterrato e cervi incontro il fiume Idrica dove fa un freddo pazzesco e le nuvole si addensano. Sono in mezzo alle alpi Slovene tra gli impianti di risalita.
È una tappa dura: affronto un dislivello di 2000metri, prima una prima cima da 1000, poi una discesa e poi un'altra cima da 1000. Mica si diceva 1000 e non piu 1000? Qui i 1000 sembrano non finire mai, ma passo attraverso paesini e la Slovenia autentica. Da questo punto di vista mi sembra tutto genuino, posso sbagliarmi, ma queste zone non sembrano ubriache di consumismo. A riguardo, durante le salite di oggi e incitato dai locali che mi dicono "ndemo ndemo" (ma saranno mica veneti questi locali?!?) penso a una storia. Una nonnina a cui ho voluto bene con alle spalle una classica storia di povertà, poi moglie di uno con la fabbrichetta messa su con impegno e fatica...insomma...grande rispetto: una storia italiana come se ne sentono tante nell'alta pianura asciutta lombarda. Questa nonnina preparava un ragù fatto in casa con le verdure dell'orto, la salsa fatta in casa, la carne presa dal macellaio e poi...metteva il ragù star "perché da sapore". Io son sempre rimasto scioccato ma capivo. Ho interpretato sempre quel gesto come una sua fiducia nell'industria, quell'industria che gli aveva dato fortuna.
Ecco...per dire...che in Slovenia ho l'impressione (relativa, superficiale ecc) che il ragù Star non ce lo mettano!
Per approfondire suggerisco il brano Tatranki di offlaga disco pax https://g.co/kgs/6z8sfr.
Chiedo perdono per le lungaggini, ma non mi va di essere didascalico: un viaggio è fatto da paesaggi, ma anche da persone, pensieri e sensazioni che vorrei raccontare.
Faticaccia, ma finalmente arrivo a Bled (secondo lago) dopo aver completamente sbagliato strada e improvvisato un nuovo percorso. Decido di girare tutto il lago. È spettacolare e popolato di persone sulle svariate attrezzature ben progettate, nonostante l'acqua (verdissima) sia gelata e solo in pochi siano a fare il bagno.
Dopo esser salito al castello di Bled percorro la pianura verso Ljubljana e lo faccio con lo stile antico di chi chiede la strada all'info point perchè non mi fidavo di quella che mi ero segnato. Dopo un labirinto di percorsi poco trafficati piu o meno dedicati alla bici, arrivo a Ljubliana che l'anno scorso è stata dichiarata "european green capital". Domani scoprirò perché...
Sono cotto faccio un salto alla metelkova, un'ex caserma recuperata alla sperindio e autogestita pullulante di locali alternativi https://en.m.wikipedia.org/wiki/Metelkova. Oggi mettono buona musica elettronica ma non balla nessuno nonostante il dj proponga una selezione stupenda di brani giapponesi. Mi entusiasmo perché, nonostante la lontananza di genere, sono un grande estimatore di mathcore giapponese (toe, lite, pricot, ecc). È troppo presto e io son troppo stanco. Mi concedo una slivovitz e vado a dormire...
Ps
Grazie mille ai consigli che Danilo ci ha dato alle ciclo-lezioni di quest'anno sulla frenata, perché ne ho avuto bisogno!




Giorno 8
Ljubliana. Pausa.
Come può una città che 10 anni fa era congestionata dal traffico e considerata inquinata essere diventata la green capital 2016 d'europa? Perchè le piccole città possono cambiare molto, in poco tempo: no alle macchine in centro e maggior riguardo a pedoni e bici. Lascio perdere le varie "policies and politics" necessarie per raggiungere l'obiettivo, sta di fatto che percepisco una città a misura d'uomo. Si cammina bene nel centro solo pedonale e senza conflitti con le bici e si pedala ancora meglio: non ci si sente mai abbandonati a sè stessi. Presenza massiccia di indicazioni che segnalano cosa le bici possono fare, sensi unici per macchine, ma doppio senso per bici, ciclabili o come minimo una striscia orizzontale verniciata che separa e rende consapevole l'autista che non esiste solo lui sulla strada.
Insomma, una città progettata bene.
Stamattina niente bici e incredibilmente incontro Marco (fondatore delle Language Nights varesine
https://www.facebook.com/LanguageNightsSerateLinguistiche
) che ritorna a casa dopo le sue vacanze nei balcani. Ci incrociamo per colazione in una teeria nel cuore della città. Discutiamo molto delle nostre impressioni su Ljubljana, Slovenia, ecc e riflettiamo su possibili progetti per la nostra Varese: una mappatura tipo Use It www.use-it.travel per giovani turisti pensando agli spiazzati erasmus varesini, ma non solo. (Magari qualcuno che legge è interessato) Mi spiace salutarlo perché i pensieri fluiscono bene. Ed infatti ci salutiamo al fiume Ljubljanica che intrattiene un rapporto florido con la città: lo sento veramente prossimo e attrezzato con dehor, parchi, lungo fiume e argini ben progettati e per di più viene attraversato da magnifici ponti che di notte sono spettacolari. Mitico, per esempio, il triplo ponte dell'arch. Plečnik di cui oggi ho visitato la residenza. Plečnik è onnipresente: a cavallo delle due guerre mondiali ha costruito molto nella sua città facendola diventare un gioiellino architettonico.
Passo la giornata a passeggiare e pedalare tra gli svariati punti di interesse che mi son segnato: architetture contemporanee, di Plečnik, "must see", luoghi dove mangiare e bere e (fondamentale) luoghi del relax. Lubljiana per me significa ristoro. Mangiare bene e riposo: per es oggi, strudel fatto in casa a colazione, a pranzo una meravigliosa portata di polenta affogata nel Terrano (vino del carso) e prsut. Dopo essermi sdraiato nel parco di Tivoli davanti alla birreria Union, di cui già ieri, appena entrato in città, ho potuto apprezzare i prodotti, ripasso alla Metelkova che col sole è molto meno interessante. Si riempie di turisti e i locali son costretti a mettere cartelli "no photo of people, this is not a zoo" esattamente come a Christiania a Copenhagen...peccato.
Tutto attorno palazzi moderni, nuovi uffici e residenze. Manca ancora poco che venga spazzata via? Forse no visto il grande fermento culturale che ha generato.
Prima di lasciare la città sbircio la vecchia fabbrica (ora occupata) di biciclette Rog dove hanno dato vita a un centro culturale...ovviamente bici dappertutto (ma mi sento un po' troppo turista, avrei dovuto contattarli prima della mia partenza...sigh)
Ljubljana mi restera addosso per un po' come il cevapcici (salsiccia di carne e cipolla) che ho mangiato in un posto un po' fuori che cucina specialità serbe. Come il cevapcici, appunto, un mix letale e incredibile di culture, che digerirò forse domani, sempre sperando che in ostello i miei compagni di stanza non mi soffochino prima. Adijo
Ps
Le mie mappe di Zagreb e Ljubljana sono disponibili. Se qualcuno fosse interessato mi scriva in privato su cyclhub@gmail.com oppure qui su fb che ci mettiamo daccordo.




Giorno 9
Ljubljana>Maribor 138km △1382m
A ciclisti in Slovenia ci pensano. Ciclabili a fianco strada dappertutto o altrimenti stradine parallele segnalate se il limite è 70km/h e la strada è ad uso esclusivo delle macchine. Ricordo ancora 2 anni fa in umbria come impazzivo per trovare strade alternative quando tutto ad un tratto trovavo un cartello "divieto bici".
Saluto Ljubljana, ma prima, incrocio un edificio di Plečnik. Percorro km a fianco dell'autostrada in una valle stretta e fredda. L'unico momento di soddisfazione è trovare la pasticceria a Trojane (dove forse hanno inventato l'hashtag #foodporn?) consigliata dalla mia amica italo/slovena Antonella dove fanno dei Kropfi enormi. Ne mangio 2 e mi sento decisamente meglio. (È una sorta di istituzione qui, e prenderne solo 1 mi sembrava poco rispettoso)
Attraverso una campagna che mi stupisce per le coltivazioni di luppolo: non le avevo mai viste e sembrano dei muri verdi di 4 m di altezza che tagliano la pianura. Mi giustifico questa massiccia presenza di luppolo a Celje perché in zona c'è la fonte della birra Lasko alternativa alla birra Union di Ljubljana.
Ad un tratto esco dall'asfalto e mi ritrovo nel bosco in una bellissima stradina anonima che mi fa sbucare in un campo di mele. Lo giro tutto e arrivo nella cascina accorgendomi che, forse, quella stradina, non era proprio pubblica pubblica. Fortunatamente il cane dorme e io me ne vado in tranquillità.
In bici la percezione della città è molto particolare perché si vede tutto: fronti e retri. Capita di finire, come oggi, in mezzo a proprietà private, retri di capannoni, stradine di campagna, stradoni a 3 corsie, cortili, piazze centrali e tra le villette della periferia. È un ottimo strumento per sondare la città. E forse anche per modificarne l'uso? Mi riferisco a quello che è successo dopo l'invenzione del treno, quando si è cominciato a infilzare le città con binari e da un giorno all'altro è mutato l'ingresso: non più dalla porta ma dal retro.
Arrivo presto a Maribor sperando di vederla, ma mi entusiasma come Busto Arsizio ad agosto.
Forse avevo troppe aspettative: anche lei fa parte del network Use.it. Nasconde alcuni scorci interessanti, ma completamente abbandonati e un'interessante ex fabbrica di pane, ora occupata e trasformata in un centro culturale alternativo. A fianco vi è un'ostello, come se la municipalità volesse dire: "non vi abbandoniamo! Non vi consideriamo un retro" (ma forse è solo una mia visione naif. Ma non è poi simile a quello che succede da noi alle fornaci di Caldè, o sbaglio?)
Stasera ancora cucina balcanica...e domani Ungheria.
Ps
Passeggiando per la città sento "attenzione è vietato oltrepassare la linea gialla" e altre frasi in italiano. È un'installazione sonora di un artista polacca intitolata "Krakow to Venice in 12 hours"
E mi sembra di essere ancora di più a Busto Arsizio...




Giorno 10
Maribor>Heviz 162km △1400m
Finalmente Ungheria. Ho un bellissimo ricordo del paese durante il mio erasmus a Vienna. È stata una meta gastronomica gettonatissima. Avevo voglia di rivederla ed ecco spiegato perché proprio l'Ungheria.
Oggi prima di oltrepassare i confini sloveni allungo per Jeruzalem. Si narra che alcuni crociati (forse non troppo convinti) raggiunsero queste terre e scoprendo che il vino era buono e la gente ospitale decretarono che quella era la loro Gerusalemme. Per arrivarci percorro colline piene di vigneti e paesaggi molto curati. Arrivo presto, verso le 930, ma non posso esimermi dal provare il loro vino Sipon. (Chi sono io per andare contro la storia?) Ieri l'ostellante mi racconta la storia di questo vino: i francesi assaggiarono il vino fatto in quel territorio e dissero "c'est bon", ma gli sloveni capirono quel che capirono e lo chiamarono Sipon. Ed infatti, è buono! Mentre lo assaporo in quel di Jeruzalem mi viene da ridere perché un anno fa con delle amiche volevo scrivere un libro illustrato per bambini (ma non solo) un po' ironico, che parlasse della storia di un ciclista che si credeva un templare. La storia più o meno autobiografica di un viaggio tra Sacromonte di Varese a quello di Varallo per portare in dono la propria barba per il restauro delle statue barocche. (Nota necessaria: ai tempi avevo una barba enorme che ho donato. Fa un po' senso come cosa, ma sarebbe meraviglioso se la usassero veramente! Per ora non sono ancora stato chiamato per vedere in anteprima i restauri con la mia barba) Ad ogni modo, vorrei stare di più, ma devo andare. Prima di varcare il confine traggo due considerazioni: non ho visto povertà in Slovenia, eppure son passato anche da periferie, luoghi lontano dalle rotte turistiche. Ieri l'ostellante mi raccontava che in Slovenia, dato il passato socialista, esiste tuttora un buon sistema pensionistico e di aiuti, l'università è gratis ecc. Molti lavorano all'estero ma poi ritornano perché desiderano la casa con il giardino e l'orto. Effettivamente ho trovato edifici molto curati, fiori dappertutto, pochissime recinzioni.
Arrivo nella piana ungherese e mi aspettano chilometri di tutt'altro paesaggio: degrado e incuria se paragonato alla Slovenia. Case sfitte e in rovina lungo le poche strade che percorro. Per evitare l'unica strada zeppa di camion devio nella campagna e nei boschi ed è completamente diverso dalla Slovenia: enormi latifondi recintati, tanto grano, e mi sembra di capire che caccino molto, data la presenza di torrette di avvistamento. Passo dai boschi e campi ungheresi, nel mezzo del nulla, senza nessun segno di vita, dove ci si potrebbe sentire persi e impauriti. La bici però aiuta a sentirsi meno spaventati. È un mezzo che so maneggiare e riparare (o almeno credo) e mi concede la libertà di essere veramente indipendente. E non è una cosa da poco.
Arrivo a Heviz, località termale che ad un primo sguardo mi pare poco interessante e dove scopro che per domani i massaggi sono tutti prenotati. Ahhhhhhhhhhh. Io ho fatto 1000km per arrivar qui e farmi 1 giorno in completo relax tra terme e massaggi, cosa che non ho mai fatto nella mia vita. Ed è tutto occupato?
E domani Balaton
Ps
Cibo: oggi ho a disposizione una cucina tutta per me per cui ne approfitto. Mi preparo una sorta di goulash vegetariano di peperoni piccoli e dolcissimi, accompagnando il tutto con "csipetke" una pasta pizzicata all'uovo che adoro e che scopro che qui al supermercato costa come la Rummo. (Mi sconvolge che qui vendano la Rummo!) Per buttare giù i 200gr di pasta innaffio con la Kozel una delle mie birre ungheresi preferite e ci rimango male a sapere che è stata acquistata dalla Asahi (come la Peroni). Sigh
PsPs
Non so se è una coincidenza, ma Jeruzalem in Slovenia era piena di gente con la kippa! Forse una carovana di turisti? Lo spero altrimenti ci devono essere stati degli effetti strani con il vino Sipon alle 930 di mattina!




Giorno 11
Heviz in giro attorno al Balaton circa 60km
Questa mattina punto al castello di Szigliget.
Da Heviz percorro una comodissima ciclabile lungo il Balaton dove ho l'occasione di vedere meglio la "Rimini dell'est". Alle 730 trovo solo pescatori e di Rimini ha solo quella patina del turismo che ha visto tempi migliori e vado via veloce verso il castello. Affascinante la vista a 360° da sopra il colle di Szigliget: a nord vulcani estinti e a sud il lago Balaton.
Mi faccio un selfie per commemorare l'arrivo. (anche se mi esce una foto che sembra scattata davanti a un cartellone pubblicitario di qualche immobiliare che promuove villette in pannonia). Ritorno verso Heviz e faccio amicizia con dei ciclisti ungheresi. Gli racconto del mio viaggio e mi domandano se avevo percorso 1000km per vedere il castello di Szigliget...ovviamente no...però è il paesaggio più interessante incontrato finora in Ungheria. Lungo la ciclabile buco! (Ieri dicendo che sono indipendente con la bici, che la so riparare, me la sono proprio cercata). Chi va mai a pensare di bucare lungo una ciclabile tutta asfaltata?! Non avevo le borse e gli attrezzi con me ma solo (fortunatamente) pompa, multitool e una camera d'aria nascosta nel borsello frontale...il minimo indispensabile per cavarsela e benedico tutti i santi ungheresi.
Ritorno a Heviz per Spa e il lago. All'interno dei recinti è meraviglioso: si respira un'aria antica. È da quando i romani scoprirono questo laghetto caldo che ci si tuffa qui. Nel centro galleggia una grande struttura di legno a palafitta e una serie infinita di servizi. La spa e il bagno in quest'acqua termale, come direbbe il mio collega Marco, sono un sogno. Mi immergo tra bolle, spruzzi e differenti temperature per 3 h. (E pensare che all'inizio pensavo di stufarmi). Alla fine mi sento sollevato da terra di 5 cm e totalmente rinvigorito. È proprio bello sentire il proprio corpo che reagisce alle varie temperature, umidità, luci. Fermarsi qui è stata una mossa veramente tattica.
Alla sera finisco i fiorini rimasti con del succulento cibo ungherese. (provo a evitare il goulash, anche se mi fa impazzire, approfittando della grande varietà culinaria che offre il lago)
E domani si ritorna verso ovest.




Giorno 12
Heviz>Zagreb 190km △1104m
Mi alzo prestissimo automaticamente (come nelle notti prima degli esami) perché voglio vedere bene l'alba al Balaton. La strada verso sud che percorro alle 530 mi consente di vedere un'alba spettacolare proprio nell'"ora d'oro", come direbbero i fotografi, cioè 30 min prima e 30 min dopo il sorgere del sole. Oggi affronto la tappa più lunga del viaggio e ciò nonostante devio verso sud a causa di un divieto bici, ma mi immergo volentieri nella campagna ungherese: casette decorose tutte uguali di cui molte hanno ancora il pozzo e non capisco se lo usano ancora o meno. A Zapethek il cimitero non ha la recinzione ma ha uno skatepark costruito bene a fianco. Lascio l'ungheria: è un paese che mi piace con quella sua decadenza e il cibo golosissimo.
Passo il confine facendomi una risata con il frontaliere che mi dice "italia, sempre dritto". Ed incontro l'ultimo lago: i laghi artificiali Dubrava e Varazdin che mi mettono angoscia con tutto quel cemento. Mi viene in mente la ricerca fatta dagli amici Mount fog (http://fotoroom.co/flood-medication-blues-mount-fog/) sugli abitanti del Po.
E mi chiedo se questi laghi artificiali siano stati pensati solo per scopi energetici, oppure anche per essere abitati. Rimango col dubbio, ma credo sia una questione cruciale che tentiamo di dare risposta con Casamatta (https://issuu.com/zenoso/docs/casamatta) e Legambiente: risignificare un terrapieno, perfettamente circolare, (https://goo.gl/images/FH5jh7) funzionale a proteggere il borgo dei Mulini di Gurone dalle piene del bacino artificiale lungo l'Olona. Un'opera artificale che non porta senso, ma potrebbe amplificare quello che di senso ne ha, cioè i mulini...o almeno speriamo...torno in Croazia.
Percorro l'argine di cemento abitato da pescatori e sporadici (e coraggiosissimi) podisti, fino a Varazdin, località affascinante ma il caldo atroce e il gran numero di persone mi fanno scappare. Ed inizia la salita per Zagreb.
Ci sono luoghi in cui vorrei tornare e altri meno, in bici da Varazdin a Zagreb per esempio. 70 km di strada delirante e nessuna alternativa possibile per oltrepassare delle basse montagne che nemmeno il mio compagno croato in ostello ha saputo nominare.
Arrivo a Zagreb che eplorerò meglio domani ma che nella breve passeggiata per riposare regala scorci affascinanti grazie alla sua complessa orografia. Dopo il tramonto la citta alta è silenziosa ed è bello passeggiare pensando alla giornata. Mi colpisce un luogo in particolare: Kamenita vrata una sorta di chiesa all'aperto. Un paio di panche sono posizionate in questo spazio coperto pubblico e di passaggio davanti a una piccola edicola religiosa. Spazio stupendo e inaspettato.




Giorno 13
Zagreb
Oggi niente bici (o quasi). La città non è per nulla ciclabile. Mi piace molto camminare per le città di mattina presto. C'è poca gente in giro, una bella luce, silenzio...
Vado al mercato. Oltre a Dolac ce ne sono parecchi tutti prossimi e con una loro autonomia.
Girovagando tra prugne e uva trovo una chiesa di Plečnik che ormai è l'architetto della mia vacanza. Purtroppo è in restauro ma con un interno delizioso che posso solo intravedere.
La torre alle 12 spara una cannonata. C'è chi si gira già preoccupata...poi un locale tranquillizza tutti "this is ok! it's noon"...ma di questi tempi giustamente uno può pensare male.
Ma Zagreb, nonostante sia stata eletta da Lonely Planet la meta 2017 numero 1 in europa, mi mette malinconia coi suoi colori gialli, grigi e panna, coi bei giardini vuoti, con i cancelli intarsiati che sembran di burro; con le scale ripide che fanno riflettere, con il temporale in avvicinamento e con le musiche dei suoi cantastorie ai lati delle strade.
Vista la malinconia che mi ha pervaso faccio il colpaccio e vado al museo dei cuori infranti (o delle relazioni finite). Mi aspettavo, devo ammettere, una cavolata ed invece le curatrici sono state brave a raccogliere (o farsi intercettare) da molti tipi di relazioni finite male: è una grande raccolta tematica di oggetti che nascondono storie e ci si sente uno dei tanti, e nemmeno il più tragico, ad avere avuto il cuore spezzato. Se capitate consiglio di andare: fa bene.
Dopo il museo percorro a piedi un paio di chilometri verso il cimitero Mirogoj. Mi sembrava un giusto percorso per riflettere sul termine Fine.
È quasi autunno qui e le foglie son dappertutto. (come mai i cimiteri sono piu belli d'autunno? Perché ci ricordano la caducità dell'esistenza?)
Merita e ci si potrebbe perdere dentro tra i suoi infiniti scorci, ma esco e decido di dare una chance a questa città poco ciclabile e prendo la bici. Mi dirigo verso sud verso le molte architetture brutaliste lungo il fiume. Pedalare in questo tessuto edilizio è un'esperienza urbanistica emozionante (e delirante): cambi di scala ad ogni curva, stradoni a 3 corsie per senso di marcia impossibili da attraversare e poi questi giganti di cemento che spuntano quà e là a ricordo di un passato che non usa più. Devo attivare la modalita ciclista spavaldo tra le macchine e i molti marciapiedi che diventano l'unica salvezza per i ciclisti.
Ps
Ovviamente a Zagreb intercetto un paio di negozi di sole cravatte. La cravatta moderna la dobbiamo a dei mercenari croati. qui la storia
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cravatta
Ps ps
(Un regalo per tutti i cuori infranti)
Sentiero
Jack hirschman
Vai al tuo cuore infranto.
Se pensi di non averne uno, procuratelo.
Per procurartelo, sii sincero.
Impara la sincerità di intenti lasciando
entrare la vita, perché non puoi, davvero,
fare altrimenti.
Anche mentre cerchi di scappare, lascia che ti prenda
e ti laceri
come una lettera spedita
come una sentenza all’interno
che hai aspettato per tutta la vita
anche se non hai commesso nulla.
Lascia che ti spedisca.
Lascia che ti infranga, cuore.
L’avere il cuore infranto è l’inizio
di ogni vera accoglienza.
L’orecchio dell’umiltà ascolta oltre i cancelli.
Vedi i cancelli che si aprono.
Senti le tue mani sui tuoi fianchi,
la tua bocca che si apre come un utero
dando alla vita la tua voce per la prima volta.
Vai cantando volteggiando nella gloria
di essere estaticamente semplice.
Scrivi la poesia.




Giorno 14
Zagreb>Duga Resa 73km △631m
Tappa facile, ma dai risvolti frizzanti.
Lascio Zagabria alle 6:00, prendendomi del matto, la sera prima, dai miei compagni di camera croati. Ho tentato di spiegare quanto è bello vedere l'alba, uscire da una città in punta di piedi quando ci sono solo i panettieri aperti. Quanto è poetico quel silenzio e quella luce e quel fresco che ti sveglia. Abbiamo sicuramente due visioni di vacanza diverse, ma capiscono (o meglio, compatiscono?).
Mi dirigo subito verso sud e mi immergo nella periferia. Dopo aver attraversato assi viari enormi (a quest'ora vuoti), binari e il fiume Sava sono a Novi Zagreb per vedere Super Andrjia.
Hanno avuto l'accortezza di cingere questa gigante mole di cemento grezzo (brut in francese, da cui brutalismo) con un parco, per cui diventa impossibile da fotografare (con il mio cellulare), ma parecchio suggestivo. Meritano una visita gli edifici sovietici decorati da tag e murales a Zagreb. Peccato ieri, che a causa della pioggia, abbia dovuto ridurre il mio giro esplorativo.
Lascio definitivamente Zagreb e mi avventuro nelle campagne croate. Avventurarsi è la parola giusta perché finisco nel nulla più assoluto. Il tracciato definito con "ride with gps" (un app molto utile) prevede di attraversare alcuni binari e sbuco in un luogo strano: una radura attraversata da una strada drittissima. Trovo un cartello di divieto di entrata (penso per le macchine) e percorro questi 5/10km di strada sterrata dritta. Ogni tanto vedo caprioli e torrette di avvistamento per cacciatori...mmm...rifletto...ma non saro mica in qualche sorta di riserva di caccia? Mi sembra di essere all'interno di una scena di Stalker di Tarkovsky. (https://youtu.be/xB7jVTut3-g) La nebbia si alza, non vedo più nulla e la mia pedalata si fa più svelta. Finalmente la strada. (non ho mai desiderato cosi tanto la presenza di una strada asfaltata con macchine)
Dopo una ventina di chilometri nella nebbia arrivo a Karlovac. Più famosa forse per la birra Karlovacho, ma anche perché Nikola Tesla, serbo (ora croato), visse e fece il ginnasio in questa città. È stato un uomo geniale "l'uomo che inventò il ventesimo secolo" e che pensava che l'elettricità fosse disponibile per tutti già in natura. Mi aspettavo qualche mostra, ma purtroppo nulla.
Mi fermo davanti a un fiume dall'acqua trasparente ai piedi delle Alpi Dinariche che domani valicherò e poi mare.




Giorno 15
Duga Resa>Krk 139km △2046m
Oggi tappa veramente hardcore.
L'inizio parte blando: una settantina di chilometri tutti in salita per attraversare le Alpi dinariche. Ad ogni cresta, un'altra, un'altra e un'altra ancora. Speravo di vedere il mare, invece sempre montagne che non passano mai. E alla fine eccolo il mare, o meglio, lo svincolo autostradale enorme e le raffinerie di Fiume. Qui in alto invece le foreste di conifere lasciano spazio a una montagna sempre più rocciosa, più brulla e anche il mio percorso lo diventa: esco dall'asfalto.
Quasi mi stavo annoiando di queste 5 ore di asfalto e salita lieve lieve ma che non passa mai. Lo sterrato croato però è un delirio. Questa tappa che doveva essere di solo asfalto diventa la tappa più avventurosa del mio viaggio.
Per scendere dall'ultima cresta avevo selezionato un percorso che zoomando meglio scopro essere solo un sentierino che dal vivo mi rendo conto essere un pure poco battuto. Ormai è tardi, ho già percorso un paio di chilometri in discesa (fattibili) chiedendomi "ma dove sto andando? ma sarà un sentiero?". Voglio fidarmi di OSM (open street map) la wikipedia delle mappe dove gli utenti disegnano, e vado.
Ad un certo punto il sentiero finisce, ma la mappa segna qualcosa e mi avventuro. La strategia diventa questa: lascio la bici, percorro qualche metro, mi rendo conto che sia fattibile, ritorno indietro, riprendo la bici che, in pratica, diventa il mio machete per oltrepassare arbusti e sterpaglie. Dopo un paio di ostacoli del genere e sentendomi molto Indiana Jones, (ormai odoro di sottobosco istriano a furia di essere trafitto da spine) ritorna il sentiero estremamente pendente che mi riporta alla civiltà. Ne è valsa la pena anche se ho rischiato: non avrei visto scorci spettacolari verso l'antropizzata Rijeka.
Passo in bici il ponte per accedere all'isola di Krk che è un'esperienza: sembra di entrare in autostrada, con il casello e tutto quanto, ma poi la casellante mi dice di andare che la bici non paga (e mi gaso). L'isola è brulla, solo una strada, calette, supermercati e casette (o forse seconde casette). Mi fermo in un posto mistico: l'abbandonato e dilapidato hotel casino Holudovo, costruito negli anni 70 nella ex Jugoslavia di Tito. http://yomadic.com/haludovo-hotel-palace/
Dopo essermi perso in questa meravigliosa opera architettonica di vetro (ormai tutto per terra rotto) e cemento mi dirigo verso Krk.
Molto bella con i suoi pavimenti lisci di pietra bianca dove si scivola che sembra di pattinare. Mi metto a scrivere all'ombra, sotto il castello, coi piedi nel mare...
Ps
Non ho ancora fatto un bagno (tranne alle terme). Non vorrei rovinare la mia perfetta abbronzatura da ciclista. Sembro Froome nei momenti peggiori. https://goo.gl/images/pDexZi




Giorno 16
Krk>Pula 152km △2361m
Krk al mattino presto è meravigliosa: non c'è nessuno in giro e mi sembra di essere un pescatore che torna dopo il lavoro. Volevo prendere un traghetto per evitare la stradaccia fino a Rijeka, ma non lo trovo, perciò mi dirigo di tutta fretta nella città che la ragazza olandese conosciuta ieri all'ostello ha descritto come "dark", ma che forse, secondo lei, mi sarebbe piaciuta. Oltrepasso la raffineria e arrivo a Rijeka che non mi dice nulla e passo via veloce. Avevo delle speranze nella città di Fiume che di storie ne ha passate tra D'Annunzio, anarchici e lo stato libero di Fiume. Aspettative che non leggo concretamente in nulla nella mia breve esplorazione. https://theculturetrip.com/europe/italy/articles/gabriele-d-annunzio-and-the-free-state-of-fiume/
Oltrepasso chilometri di Istria al caldo e sull'asfalto ma con viste incredibili sulle calette molto basse e irraggiungibili (il mio bagno aspetterà). Ad un tratto appare la centrale elettrica a carbone di Plomin che nel 2007 soddisfaceva il 13% del fabbisogno energetico croato. Effettivamente fa paura: è enorme e mi viene in mente il mio caro amico Filippo che qui ne avrebbe di temi su cui riflettere. Come si può conciliare un mostro del genere (la ciminiera è la più alta che abbia mai visto) con una bellissima caletta croata? In cima al golfo c'è un hotspot wifi ed il classico mirino col quale farsi le foto e che punta dritto alla caletta, ma è impossibile non inquadrare la belva. Se avessero messo una fontanella sarebbe stato più intelligente. Ah ne approfitto. Tema acqua. Al di fuori dell'Italia ho trovate solo due fontanelle. Su questo siamo bravi.
E sognando acqua arrivo a Pula che è veramente eccezionale. Ha l'odore della storia. Dai romani, alla italica Pola e fino alla Pula ex-Ju. Si sente che questo grande mix ha fatto bene.
L'anfiteatro romano mi stupisce molto: è intatto (o quasi). I 3 ordini ci sono tutti e fanno tutti un giro completo. Vedendo antichi disegni aerei si vede che l'arena non faceva parte della città medievale fortificata e mi stupisce il fatto che non sia stata saccheggiata come cava a differenza del nostro colosseo a cui hanno rubato persino il ferro che teneva insieme le pietre.
Dal castello riesco ad ammirare una vista a 360° della città: dal porto fin su le colline che ho appena oltrepassato. La luce è bassa, ed è priorio bello. Ho trovato un posto meraviglioso per scrivere: il convento franscescano che ha un chiostro magnifico ed un silenzio, ogni tanto interrotto dal fruscio delle palme ormai secche, che concilia molto. Ha un chiostro dove per la prima volta vedo l'erba...non pensavo di trovarne nell'arida Istria. (ovviamente non contando le casette con prato all'inglese e gnomo incluso che vendono le immobiliari di qui)
Ci sono pure le tartarughe!
Ps
Oggi ho fatto il bagno. L'ostello è in una caletta e ne ho approfittato subito, nonostante fossi più bianco dei teutonici e mi rendessi conto di essere totalmente fuori luogo con la mia tintarella ciclistica veramente inguardabile.




Giorno 17
Pula>Trieste 170km △1936m
È stata una pedalata memorabile, un condensato di tutto il viaggio in un giorno solo.
Parto molto presto da Pula. È l'ultimo giorno e voglio godermelo. Finalmente trovo ciclabili in croazia. Da Pola a Rovignji percorro una ciclabile lungo la spiaggia comodissima e penso: se è tutto così nella turistica costa istriana è proprio comodo comodo (non lo avessi mai detto!). Finisce la ciclabile ed iniziano i sentierini dove vengo subito attaccato da uno sciame di insetti indefinibili: non sono api, non sono zanzare, so solo che sono fastidiosissimi e non si scollano. Accellero ma aumentano in maniera spaventosa. Vado veramente forte in questa strada sterrata in mezzo ai rovi e alla terra rossa, ma finalmente scompaiono. In questa zona fino ad ora sono sempre stato in una zona grigia tra privato e pubblico: in mezzo a campeggi, stradine con sbarre, al limitare delle proprietà private. Smette di diventare grigia al campeggio di Bale. Un campeggio pretenziosetto con la sua reception in legno e le sue impenetrabili sbarre che mi obbligano a deviare. Trovo un'altra strada e mi immergo nell'istria vera, ma foro. Il temporale si sta avvicinando e decido che andrò su asfalto a Bale per vedere una (pubblicatissima http://www.archdaily.com/373/sports-hall-bale-3lhd) palestra in pietra dove gli architetti hanno saputo ben integrare un volume cosi possente in mezzo ad un contesto di tutt'altra scala. E arrivo a Rovigno dove inizia a piovere. Mi riparo al mercato insieme ai locali che parlano un italo croato molto curioso e bevono il classico bianchino delle 8. È stato un viaggio esplorativo anche nel paesaggio sonoro. Tra Bolzano e Trieste la lingua delle persone che ho incrociato non è mai cambiata in maniera chiara ma si è modificata in maniera dolce come i paesaggi che ho percorso che non avevano mai un netto confine. Qui (https://youtu.be/yHDJzCEmn-8) un divertente video di Brignano sul tema.
Ormai ha iniziato a piovere a dirotto (mi pareva strano che in tutto il viaggio non avesse piovuto) mi metto l'impermeabile e parto. Ritorno su strade sterrate, che diventano sentieri, che diventano nulla. Ci risiamo come 2 giorni fa. La strada diventa ripidissima, sento le macchine e la strada su cui dovrei immettermi ma questa volta non riesco a percorrere il sentierino. Desisto e cerco altro. La mappa segnala altro (o quasi). Ci provo ma anche questo percorso mi porta a una cava romana e fine. Bella la cava, ma dove sono? Seguo l'istinto. Il navigatore sotto l'acqua è impossibile da controllare e seguo una sterrata che sembra esser stata battuta da macchine. Dopo un paio di chilometri in cui mi domando se avessi fatto bene, trovo delle case e faccio un sospiro di sollievo e buco. Ma poooooooorcaaaaaa... due volte oggi! Mi fermo sotto un albero, mi calmo e cambio la camera d'aria (sotto la pioggia è un operazione non certo comoda). La pompa però decide di non funzionare più, non tiene la pressione delle ruote e riesco a malapena a gonfiarle per pedalare. Alla prima casa mi fermo, chiedo se parlano italiano o inglese e mi fanno "fratello italiano vieni qui". Due signori croati stavano sorseggiando del vino casalingo sotto al portico e mi invitano con loro. Ovviamente accetto e racconto cosa mi è successo, cosa sto facendo ecc. Sono molto curiosi e hanno voglia di praticare il loro italiano. Pensano che non abbia soldi perché vado solo in bici, ma gli spiego i motivi della mia scelta e dico che preferisco comprare dolci piuttosto che comprare benzina e che sono un po' matto. Loro ridono e mi dicono "non sei matto, sei bravo". Questo mi entusiasma e tutte le sfortune della giornata scompaiono. Li saluto, purtoppo non hanno una pompa e per 30km fino a Porec guido una bici che sembra avere un canotto al posto della ruota. Arrivo in città e finalmente dopo un paio di tentativi andati a vuoto dei ragazzi mi gonfiano la ruota. Si riparte.
È tardissimo, sono fradicio, i piedi a mollo, sta ancora piovendo ma va bene. Da qui è tutto asfalto. Appena oltrepasso la frontiera slovena incontro la parenzana: una vecchia linea ferroviaria dismessa riconvertita a ciclabile. Ovviamente della Parenzana in Croazia e Italia nessuna traccia, ma in Slovenia amano i ciclisti e io contraccambio.
Mi fermo sulla spiaggia a Portoroz, dopo una spettacolare vista sulle saline, dove mi asciugo e rifletto sul da farsi. Percorro fin quasi a Trieste la ciclabile che passa tra vigne, stradine, sfrutta quel che c'è e non mette recinti: ci si sente accompagnati.
Arrivo a Trieste dove ovviamente di ciclabili nemmeno l'ombra, anzi.
Dopo quasi 1800 km, 4 stati e dopo una giornata eccezionale in sella per 14ore (che mi ricorderò per molto tempo) giungo in piazza Unità d'Italia dove mi aspetta Elisa (la giusta persona con cui parlare di confini e frontiere http://www.elisabiagi.com/lasciapassare/) che mi scatta una foto proprio sul molo degli Audaci...e ridiamo della cosa.
Come chiudere il diario? Con citazioni, frasi celebri ecc... lo chiudo dicendo che sono felice di averlo fatto. È sempre bello poter scrivere per poi ritornare su quei pensieri e quelle sensazioni. Mi è piaciuto anche condividerlo, perché nel mondo virtuale che ormai viviamo penso sia necessario testare i mille modi che abbiamo a disposizione per entrare in relazione con le persone. Ringrazio @varesenews per lo spazio che mi ha dedicato e Adelia che è stata la mia tramite verso tutti voi che ringrazio per avermi seguito, sopportato le mie menate ed assere stati un po' con me.
A presto nel mondo reale. Ciao
(Ho pensato molto a come poter finire questo diario, ma poi ho pensato che questa non è la fine proprio di niente)
Ci vediamo in ciclofficina a Cyclhub presso @sbstrt in via Robbioni ogni mercoledi 19/2030
A presto
Marco